UN PROVERBIO HA TENUTO TUTTA L'UROPA A TERRA [1]

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[ Mon. May. 3. 2010 ]

John Brockman è un “imprenditore culturale”, editore, scrittore, e creatore, fra l’altro, della Edge Foundation, un laboratorio di idee e dibattiti dove, a mio avviso, è in via di formazione quella “Terza Cultura” che dovrebbe diventare “la” cultura del secolo XXI.

[4]Avendo subito le conseguenze della chiusura degli spazi aerei europei causa nube di polveri vulcaniche, ha postato sul sito www.edge.org [5]alcune domande provocatorie. Che cosa gli psicologi hanno da dire sul modo in cui sono state prese decisioni che hanno messo a terra milioni di passeggeri, confinandoli in bivacchi improvvisati per più di una settimana, nell’apparente, totale assenza di prove di pericolo reale? E cosa hanno imparato gli economisti comportamentali? E cos’hanno da dire ingegneri, fisici, meteorologi sul tema?

Molte le risposte, assai interessanti. Riassumerle tutte è impossibile. Per Haim Harari, fisico ed ex presidente dell’Istituto Weizman di Tel Aviv, la crisi finanziaria attuale e la crisi “da polveri” hanno molto in comune. Entrambe sono figlie di decisioni prese da decision makers che “non capiscono di matematica e di scienza neppure a livello elementare” e da “matematici e scienziati che non si rendono minimamente conto delle conseguenze, nella vita reale, dei loro calcoli”. E dunque ecco che “ingegneri finanziari” creano strumenti finanziari complessi e banchieri navigati ed enti di regolamentazione li recepiscono, senza ammettere di non avere la minima idea di ciò che tali strumenti presuppongono.

Allo stesso modo, i costruttori di modelli matematici convincono le autorità che “la nube è qui, o lì, senza preoccuparsi minimamente di andare a fare una misura sul campo”. E nessuno che domandi, a questi “scienziati”, se le ipotesi poste a base dei loro modelli sono realistiche oppure no. In entrambi i casi, chiunque abbia un minimo di preparazione scientifica, aggiunge Harari, sentirebbe immediatamente puzza di bruciato. E quindi ecco perché politici senza cultura scientifica, e scienziati senza cultura manageriale, sono incapaci di affrontare adeguatamente entrambi i problemi. Conclusione: “The world is discovering that an important profession is missing: Scientifically trained political decision makers”.

Chales Simonyi, della International Software, ex Chief Architect and Distinguished Engineer della Microsoft, dopo avere con dovizia di particolari ricordato che le ceneri, se presenti, possono danneggiare i motori e che i costi della manutenzione, in tal caso, diverrebbero molto alti, aggiunge di trovare “piuttosto misterioso il modo in cui le mappe sulla nube vengono prodotte ogni giorno” e di non trovare da nessuna parte “misure dirette” del fenomeno, e neanche come le “interpolazioni e le estrapolazioni” delle misure vengono fatte. E non si spiega neppure perché sugli aeroplani non vengano montati i rivelatori di polvere che invece sono dotazione comune degli hard disk di qualsiasi computer.

Conclude Simony: “Se gli aeroplani avessero tali rivelatori di polvere, come hanno i radar meteorologici, potremmo fare come facciamo quando c’è un temporale: il radar lo vede e l’aereo cambia rotta”. Buon senso pragmatico. Ma che non appartiene, in tutta evidenza, ai meteorologi, ai climatologi e ai politici.

Chiudo con Gloria Origgi, filosofa, del Centro Nazionale Ricerche Scientifiche, Parigi. Origgi rammenta che il trattato di Maastricht adotta il “principio di precauzione” e che, quando tale principio ha a che fare con l’ambiente, è decisione Ue che “l’assenza di una completa certezza scientifica non sarà usata per posporre misure efficaci e dal costo ragionevole per prevenire il degrado ambientale” (cosa che rappresenta un assegno in bianco per politici e imprenditori privi di scrupoli, come chiunque può capire, ndr). Questa è una particolarità tutta europea: infatti, il principio di precauzione altrove viene applicato (USA, per esempio) solo per situazioni che riguardano la sicurezza nazionale, e, comunque, le decisioni ultime sulla sicurezza dei voli è lasciata alle compagnie aeree.

Così alla domanda se non esista una certa sproporzione fra la chiusura totale dello spazio aereo e un rischio potenziale legato alla nube di polveri, rischio piuttosto indefinibile in assenza di prove certe, un ministro Ue risponde: “Non si è mai abbastanza prudenti sulla sicurezza aerea”. La conclusione, per Origgi, è ovvia: “Una politica che mette a terra un intero continente basandosi su un proverbio” non può essere “una buona politica”.

A quanto pare, il vulcano islandese è di nuovo in eruzione. Sarà interessante vedere se, questa volta, le decisioni verranno prese con più buon senso di quanto sia stato fatto la volta scorsa. Ma conoscendo i nostri polli di Bruxelles e quelli di Roma, direi che non si può essere ottimisti.

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